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Whistleblowing e adempimenti connessi

In attuazione della Direttiva (UE) 2019/1937, è stato emanato il d.lgs. n. 24 del 10 marzo 2023 riguardante “la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione e recante disposizioni riguardanti la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali”.

Il suddetto decreto è entrato in vigore il 30 marzo 2023 e le disposizioni ivi previste sono efficaci dal 15 luglio 2023, in particolar modo per i datori di lavoro con più di 249 dipendenti.

Si rammenta che le segnalazioni e le denunce all’autorità giudiziaria effettuate fino alla data del 14 luglio 2023 continuano ad essere disciplinate dal previgente assetto normativo e regolamentare previsto per le pubbliche amministrazioni e per i soggetti privati in materia di whistleblowing.

Si rammenta, inoltre, che dal 17 dicembre scattano gli obblighi in tema di whistleblowing anche per le aziende con più di 50 dipendenti, fino a 249, oppure che rientrano nei settori sensibili o che adottano i modelli organizzativi di cui al D.lgs. 231/2001.

In buona sostanza, il Legislatore è intervenuto predisponendo una serie di tutele e protezioni per i “whistleblower”, ossia coloro i quali segnalano irregolarità nel contesto lavorativo, le quali implicano dei particolari oneri che gravano sul datore di lavoro coinvolto, tra cui la necessità di prevedere l’apposito canale di segnalazione (sentite le organizzazioni o rappresentanze sindacali) e rendere edotto il dipendente sul relativo funzionamento.

Di seguito si effettua un riepilogo della disciplina in oggetto.

Gli enti tenuti a rispettare la disciplina con riferimento al settore privato

La protezione dei segnalanti operanti nel settore privato, prevista dal D.lgs. n. 24/2023, impone l’obbligo di predisporre canali di segnalazione a carico di quegli enti del medesimo settore che soddisfano almeno una delle seguenti condizioni:

  • hanno impiegato, nell’ultimo anno, la media di almeno 50 lavoratori subordinati, con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato;
  • si occupano di alcuni specifici settori (servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio o del finanziamento del terrorismo, sicurezza dei trasporti e tutela dell’ambiente), anche se nell’ultimo anno non hanno raggiunto la media di almeno 50 lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato;
  • adottano i modelli di organizzazione e gestione di cui al D.Lgs. 231/2001 (approfondito nel prosieguo), anche se nell’ultimo anno non hanno raggiunto la media di almeno 50 lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato.

Le segnalazioni

I lavoratori possono segnalare comportamenti, atti od omissioni che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato e che consistono in:

  • illeciti amministrativi, contabili, civili o penali;
  • condotte illecite rilevanti ai sensi del decreto legislativo 231/2001, o violazioni dei modelli di organizzazione e gestione ivi previsti;
  • illeciti che rientrano nell’ambito di applicazione degli atti dell’Unione europea o nazionali relativi ai seguenti settori: appalti pubblici; servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo; sicurezza e conformità dei prodotti; sicurezza dei trasporti; tutela dell’ambiente; radioprotezione e sicurezza nucleare; sicurezza degli alimenti e dei mangimi e salute e benessere degli animali; salute pubblica; protezione dei consumatori; tutela della vita privata e protezione dei dati personali e sicurezza delle reti e dei sistemi informativi;
  • atti od omissioni che ledono gli interessi finanziari dell’Unione;
  • atti od omissioni riguardanti il mercato interno;
  • atti o comportamenti che vanificano l’oggetto o la finalità delle disposizioni di cui agli atti dell’Unione.

I canali di segnalazione sono i seguenti:

  • interno a carico del datore di lavoro: in modalità scritta o orale (nell’ambito del contesto lavorativo), anche con crittografia, sentite le rappresentanze o le organizzazioni sindacali;
  • esterno (ANAC), scritta o orale; divulgazione pubblica (tramite la stampa, mezzi elettronici o mezzi di diffusione in grado di raggiungere un numero elevato di persone); denuncia all’Autorità giudiziaria o contabile.

I segnalanti possono utilizzare il canale esterno (ANAC) quando:

  • non è prevista, nell’ambito del contesto lavorativo, l’attivazione obbligatoria del canale di segnalazione interna ovvero questo, anche se obbligatorio, non è attivo o, anche se attivato, non è conforme a quanto richiesto dalla legge;
  • la persona segnalante ha già effettuato una segnalazione interna e la stessa non ha avuto seguito;
  • la persona segnalante ha fondati motivi di ritenere che, se effettuasse una segnalazione interna, alla stessa non sarebbe dato efficace seguito ovvero che la stessa segnalazione potrebbe determinare un rischio di ritorsione;
  • la persona segnalante ha fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse.

I segnalanti possono effettuare direttamente una divulgazione pubblica quando:

  • la persona segnalante ha previamente effettuato una segnalazione interna ed esterna ovvero ha effettuato direttamente una segnalazione esterna e non è stato dato riscontro entro i termini stabiliti in merito alle misure previste o adottate per dare seguito alle segnalazioni;
  • la persona segnalante ha fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse;
  • la persona segnalante ha fondato motivo di ritenere che la segnalazione esterna possa comportare il rischio di ritorsioni o possa non avere efficace seguito in ragione delle specifiche circostanze del caso concreto, come quelle in cui possano essere occultate o distrutte prove oppure in cui vi sia fondato timore che chi ha ricevuto la segnalazione possa essere colluso con l'autore della violazione o coinvolto nella violazione stessa.

In ogni caso, le segnalazioni devono essere effettuate nell’interesse pubblico o nell’interesse alla integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, purché vi sia ragionevolezza.

La ragionevolezza implica che la persona segnalante o denunciante deve avere un ragionevole e fondato motivo di ritenere che le informazioni sulle violazioni segnalate, divulgate pubblicamente o denunciate siano vere e rientrino nell'ambito della normativa del whistleblowing.

I motivi che hanno indotto la persona a segnalare, denunciare o divulgare pubblicamente sono comunque irrilevanti ai fini della sua protezione, così come disegnata dalla disciplina.

Le tutele garantite ai segnalanti

Ai segnalanti è garantita la:

  • Protezione della riservatezza: l'identità del segnalante non può essere rivelata a persone diverse da quelle competenti a ricevere o a dare seguito alle segnalazioni; la protezione riguarda non solo il nominativo del segnalante ma anche tutti gli elementi della segnalazione dai quali si possa ricavare, anche indirettamente, l’identificazione del segnalante;  la segnalazione è sottratta all’accesso agli atti amministrativi e al diritto di accesso civico generalizzato; la protezione della riservatezza è estesa all’identità delle persone coinvolte e delle persone menzionate nella segnalazione fino alla conclusione dei procedimenti avviati in ragione della segnalazione, nel rispetto delle medesime garanzie previste in favore della persona segnalante;
  • Protezione dei dati personali;
  • Assegnazione di tutele specifiche: gli atti ritorsivi sono nulli, vi è la possibilità di avvalersi di supporti di enti del Terzo settore, ed è prevista la non punibilità dei segnalanti.

Sulla non punibilità dei segnalanti, si chiarisce che non è punibile chi riveli o diffonda informazioni sulle violazioni di cui in seguito: coperte dall’obbligo di segreto, diverso da quello professionale forense e medico, o  relative alla tutela del diritto d’autore o alla protezione dei dati personali ovvero se, al momento della segnalazione, denuncia o divulgazione, aveva ragionevoli motivi di ritenere che la rivelazione o diffusione delle informazioni fosse necessaria per effettuare la segnalazione e la stessa è stata effettuata nelle modalità richieste dalla legge.

Si concretizza la perdita delle suddette tutele quando sia accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale della persona segnalante per i reati di diffamazione o di calunnia o comunque per i medesimi reati commessi con la denuncia all’autorità giudiziaria o contabile ovvero la sua responsabilità civile, per lo stesso titolo, nei casi di dolo o colpa grave; in tali casi alla persona segnalante o denunciante può essere irrogata una sanzione disciplinare.

Le tutele per gli altri soggetti coinvolti

Le protezioni per ritorsione sono estese anche a soggetti ulteriori rispetto al segnalante; ovvero:

  • al facilitatore (persona fisica che assiste il segnalante nel processo di segnalazione e operante all’interno del medesimo contesto lavorativo);
  • alle persone del medesimo contesto lavorativo della persona segnalante, di colui che ha sporto una denuncia o di colui che ha effettuato una divulgazione pubblica e che sono legate ad essi da uno stabile legame affettivo o di parentela entro il quarto grado;
  • ai colleghi di lavoro della persona segnalante o della persona che ha sporto una denuncia o effettuato una divulgazione pubblica, che lavorano nel medesimo contesto lavorativo della stessa e che hanno con detta persona un rapporto abituale e corrente;
  • agli enti di proprietà della persona segnalante o per i quali le stesse persone lavorano nonché agli enti che operano nel medesimo contesto lavorativo delle predette persone.

Le sanzioni da parte dell’Anac

Le sanzioni di competenza dell’Anac, in tema di whistleblowing, sono le seguenti:

  • da 10.000 a 50.000 euro quando accerta che sono state commesse ritorsioni o quando accerta che la segnalazione è stata ostacolata o che si è tentato di ostacolarla o che è stato violato l’obbligo di riservatezza;
  • da 10.000 a 50.000 euro quando accerta che non sono stati istituiti canali di segnalazione, che non sono state adottate procedure per l’effettuazione e la gestione delle segnalazioni ovvero che l’adozione di tali procedure non è conforme a quella richiesta dalla legge, nonché quando accerta che non è stata svolta l’attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute;
  • da 500 a 2.500 euro, nel caso di perdita delle tutele, salvo che la persona segnalante sia stata condannata, anche in primo grado, per i reati di diffamazione o di calunnia o comunque per i medesimi reati commessi con la denuncia all’autorità giudiziaria o contabile.

I modelli di cui al D.Lgs. 231/2001

Come detto, la nuova disciplina del whistleblowing si applica anche alle aziende che adottano i modelli di cui al D.Lgs. 231/2001. Più nel dettaglio, il D.Lgs. 231/2001 ha introdotto la responsabilità in sede penale della società per i reati commessi dai propri dipendenti nell’esercizio delle funzioni aziendali. L’elenco dei reati individuati dalla norma è in continuo ampliamento.

Al fine di dispensare l’azienda dai reati commessi dai singoli dipendenti, chiedendo di escluderne o limitarne la responsabilità, è previsto il Modello Organizzativo e di Gestione (MOG), costituito dall’insieme dei protocolli, che regolano e definiscono la struttura aziendale e la gestione dei suoi processi sensibili, la c.d. compliance aziendale.

Attraverso un’attività di natura preventiva il MOG individua tutte quelle aree aziendali di rischio in cui i dirigenti e/o i dipendenti potrebbero scegliere di agire nell’interesse o a vantaggio dell’azienda, ledendo, al contempo, una serie di interessi diffusi e giuridicamente rilevanti (si pensi alla salute dei lavoratori, al patrimonio della Pubblica Amministrazione, alla privacy di dipendenti o soggetti terzi, alla cybersecurity, all’ambiente, ai diritti umani, ecc).

Il rischio non dipende, quindi, dall’effettiva volontà di commettere illeciti, ma dal possibile conflitto che potrebbe generarsi fra gli interessi economici dell’azienda e gli altri interessi che possono essere lesi dalla commissione dei reati previsti dal D.Lgs. 231/2001.

Pur non essendo obbligatorio, se efficacemente adottato, periodicamente aggiornato ed implementato, il Modello Organizzativo e di Gestione costituisce uno strumento di tutela fondamentale per l’azienda anche per prevenire ed evitare sanzioni di natura economica particolarmente severe.


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